Asparagi a Dicembre, fragole a marzo, ormai non si stupisce più nessuno, del resto i trasporti via mare e via cielo servono proprio a questo. Ma anche i prodotti di stagione spesso percorrono migliaia e migliaia di chilometri per arrivare sulle nostre tavole. Il libero scambio è composto per oltre il 50% da import ed export simultaneo di prodotti dello stesso tipo a livello internazionale. I trasporti hanno il loro prezzo: persino con il trasporto via mare, a impatto ambientale relativamente inferiore, i prodotti d’oltreoceano provocano emissioni di anidride carbonica 11 volte superiori ed emissioni di biossido di zolfo 28 volte superiori rispetto ai prodotti locali. Il trasporto aereo moltiplica di ben 90 volte il consumo extra di energia.
Le importazioni tra vicini di casa europei gravano l’ambiente sempre 2, 3 volte tanto rispetto ai cibi della propria regione. Con le distanze crescono l’inquinamento acustico e aereo. Non da ultimo il riscaldamento delle serre incide non poco sul bilancio energetico. Affinché resistano ai lunghi trasporti, frutta e verdura vengono raccolte ancora acerbe, e alla fine anche il gusto ne risente.
Il libero mercato e il processo di concentrazione delle attività commerciali mettono sotto pressione i prezzi di produzione. Motivo per cui dal 2 al 3% delle aziende agricole deve chiudere i battenti ogni anno. Proprio i piccoli appezzamenti sotto i 50 ettari, che adottano metodi naturali, anche dopo lunghe e intense giornate di lavoro, non riescono a conseguire un profitto. Con gli agricoltori spariscono gli artigiani e altri operatori agricoli, e le zone agresti si impoveriscono.
Lo sapevate?
Da maggio a luglio costa meno di mezzo litro di petrolio portare in tavola un chilogrammo di asparagi, a gennaio invece costa 5 litri.
In estate oltre la metà delle mele provengono da Sud America, Nuova Zelanda o Sudafrica.
I pomodori di serra consumano 50 volte più energia dei pomodori di campo.
Importando solo quei cibi che alle nostre latitudini non crescono, le emissioni di anidride carbonica* diminuirebbero del 22%.
Consigli
Potete rafforzare i circuiti economici regionali (e assicurare posti di lavoro) specialmente se acquistate generi alimentari del posto. Limitate l’acquisto dei prodotti che provengono da oltreoceano alle varietà non presenti alle nostre latitudini. Esistono molte iniziative a livello regionale, in cui gli agricoltori vendono i propri prodotti nei tipici mercati dei contadini, nei mercati settimanali o negli esercizi biologici. Questi ultimi offrono una gamma completa di prodotti del tutto simili a quelli dei negozi naturali e biologici.
Chiedete i prodotti regionali nel vostro negozio di fiducia. Anche al ristorante o in mensa potete farvi indicare quali sono le specialità regionali e i cibi di stagione.
Per chi ha l’hobby del giardinaggio, la questione del “mangiare regionale e di stagione” si risolve brillantemente. Esistono libri di cucina specializzati sui cibi di stagione. Qui trovate le ricette adatte per preparare in ogni stagione antipasti, zuppe, primi piatti e dessert. Per scoprire quando cresce cosa, consultate gli appositi calendari della frutta e della verdura.
In conclusione
Acquistare cibi regionali e di stagione spesso vi consente cli risparmiare, perché lunghi trasporti e mediazioni non incidono sul prezzo al consumo. Inoltre preservate posti di lavoro e di apprendistato nel settore agricolo. A loro volta, le aziende piccole e medie reinvestono i profitti perlopiù nell’economia locale. Tratti brevi per frutta e verdura significano maggiore qualità e freschezza. 01-tretutto sapete da dove vengono i cibi che mettete in tavola.